È ufficiale dal 22 settembre, da quando si è tenuta, cioè, la conferenza di presentazione delle nuove produzioni Sky Original: Gomorra 5, nuova ed ultima stagione della serie italiana più attesa dell’anno, ha battuto il primo ciack!!! Come Action Academy abbiamo avuto da sempre uno spiccato interesse per le nuove forme in cui sta evolvendo il concetto tradizionale di “autorialità” cinematografica, e questa è certamente una delle produzioni che ne forniscono un esempio significativo. Qui di seguito trovate, oltre
ad alcune anticipazioni sulla serie davvero clamorose per gli appassionati, qualche considerazione di approfondimento che ci sembrava necessaria.
Buona lettura.


Da tempo si stava sulle spine, tutte le sessioni di ripresa che secondo il piano di produzione si sarebbero dovute svolgere nei mesi estivi sono saltate causa pandemia e sui nuovi tempi (e costi) di realizzazione
c’erano molti più dubbi che certezze, quindi la notizia bomba arriva a sbloccare una situazione di stallo che preoccupava tanto i molti fans della serie quanto la produzione, che visti i capitali non esigui investiti e a rischio, era decisamente ben più angustiata dei succitati fans. Squadra che vince non si cambia e dunque alle spalle del nuovo progetto ritroviamo l’immancabile Roberto Saviano, in veste di ideatore, con la ormai rodata produzione Sky e Cattleya, mentre muta la distribuzione, che passa a Beta Film.

Roberto Saviano – Foto di: cristiano corsini – FonteCC BY-NC-SA 2.0


Non sono poche le aspettative sui possibili sviluppi della trama e sulla presenza di personaggi vecchi e nuovi, tanto più che a fomentare gli irrequieti era bastata una dichiarazione di qualche tempo fa rilasciata
da Riccardo Tozzi, presidente di Catleya: «Non si sa mai. Ma in questo momento stiamo pensando a questa stagione come l’ultima», un orientamento che con la conferenza ha trovato la sua ufficializzazione e a cui non ha tardato a fare eco il post apparso sui social di Salvatore Esposito, il Genny Savastano della serie: «Oggi l’annuncio ufficiale… siamo all’ultima stagione, l’ultimo pezzo di racconto, l’ultimo tratto di strada. Io e te sempre uno di fianco all’altro @damoremarco bellezza e malinconia infinita anche in questa fine !!! » Fine dei giochi, dunque, le molte sottotrame ancora aperte dovranno trovare un definitivo proscioglimento in questa stagione, dopodiché i partigiani di questo o di quell’altro attore dovranno salutare i propri
beniamini in via definitiva, quindi la loro presenza nella serie o la loro “cancellazione” diventano fatti ancor più cruciali nell’aizzare aspettative e previsioni.

La prima bomba vera, che in realtà è solo la conferma ufficiale di rumors alquanto accreditati tra gli addetti ai lavori che giravano da mesi, è stata sganciata proprio durante la presentazione e potrebbe dare il titolo alla stagione tutta: The Return Of The Immortal (Il ritorno dell’Immortale), perché a quanto pare, ma ormai è certezza, la presenza di Marco D’Amore non sarà limitata al già previsto ruolo di co-regista al fianco di Claudio Cupellini, ruolo in cui, dopo la regia di L’Immortale, D’Amore è più che rodato, ma riguarderà anche la sua presenza “in scena”, come personaggio della fiction.

Marco D’Amore – Foto di: Niccolò Caranti – FonteCC BY-SA 4.0

Sì, avete capito bene, Ciro Di Marzo, “L’Immortale” che avevamo visto sprofondare esanime nelle acque del Golfo di Napoli in chiusa della terza stagione, regalandoci una delle scene più visionarie e suggestive della serie, tornerà redivivo a guerreggiare per dominio sull’impero dei vicoli e del business sotterraneo. Non si poteva dare notizia più eclatante per il popolo dei gomorrofili selvaggi, visto che Ciro è sin dalla prima serie il personaggio che maggiormente ha calamitato l’immaginario e le suggestioni del
pubblico, e gli effetti si sono visti subito in rete. Al di là delle implicazioni di non poco conto che una tale rentrée comporterà a livello di sviluppi narrativi, che a questo punto diventano oggetto di mille possibili
imprevisti, la scelta pare decisamente vincente sotto il profilo del “marketing”, se pensiamo che sta già producendo una ricaduta sensibile in termini di interesse (e di annessa informazione giornalistica) sulla
serie, e la notizia ha iniziato a circolare da un paio di giorni appena.
Le altre anticipazioni “bollenti” sugli sviluppi della trama riguardano vari personaggi. Sfumerà definitivamente il sogno di Genny Savastano, che diventando imprenditore aveva tentato di emanciparsi da quel mondo “basso” dei quartieri e del loro sotto-universo finanziario fatto di micragnosi “businnéss” da cui proveniva, e lo ritroveremo latitante, privato d’ogni fortuna. Uno sviluppo che in un certo senso possiamo leggere come presa di posizione di un team che di frequente si è trovato al centro di polemiche e lanci di “fango mediatico”, da parte di chi vede nell’operazione Gomorra una forma di estetizzazione, se non addirittura di epicizzazione, del modello negativo del criminale-camorrista.

Qui sceneggiatori e produttori sembrano non voler lasciare dubbi: il crimine non paga, perfino il re dei re, il Savastano per eccellenza, è destinato a non farcela e a soccombere a quel destino tragico che certe scelte di vita inevitabilmente comportano, con questo quindi cercando di favorire una lettura che dia una risposta inequivocabile ai dubbi dei detrattori.

La questione d’altronde ha una sua complessità. È innegabile, infatti, che in certi ambiti i modelli di comportamento proposti da Gomorra, che per chi li ha scritti e girati sono un tentativo di veritiera rappresentazione di comportamenti sociali reali, abbiano finito, in una sorta di rapporto circolare continuo tra cinema e realtà, per diventare fonte di ispirazione ed emulazione per molti ragazzi gravitanti nell’orbita “dei quartieri” e del cosiddetto “sistema”. La capacità di penetrazione nell’immaginario di
personaggi iconicamente forti come Genny e Ciro, o Sangue Blu, unitamente alla martellante distribuzione mediatica, che li ha portati in migliaia di case con una frequenza tale da renderli “di famiglia”, hanno fatto sì che per chi già fosse sensibile a quel tipo di mitologia metropolitana e di (dis)valori la serie diventasse un vero e proprio punto di riferimento, da cui trarre ispirazioni estetiche, modi di dire e di vestire, comportamenti e riti. Il cinema ha copiato la realtà, ma la realtà finisce sempre per copiare il cinema.

Marco D’Amore e Salvatore Esposito – Foto di: dragonworldteam – FonteCC BY-SA 2.0

Bisogna però dire, a favore degli autori, che il problema sta più nella “lettura” che non nella scrittura. A ben guardare infatti i vari personaggi della serie hanno sempre destini tragici, subiscono perdite atroci,
quando non perdono la vita, vivono di rimorsi e sofferenze che non augurerei al peggior nemico. Non c’è traccia di reale successo per nessuno, se non quello effimero e mortale del trionfo economico immediato,
breve quanto un fiato, e non c’è per nessuno possibilità di salvezza, per cui mi pare che l’idea guida della sceneggiatura sia quella di dichiarare il fallimento del “sistema-camorra”, incapace di produrre effetti positivi duraturi sulla vita di chi lo abbraccia, e che anzi produce il fallimento di queste vite.

Dunque se è di apologia del modello camorristico che stiamo parlando, questa non va cercata nella scrittura o nei personaggi, che anzi sono per lo più pensati come stilizzazioni negative di quel tipo di esistenze, ma nel tipo di ricezione e di significati con cui una certa parte del pubblico (non tutto,
ovviamente
) accoglie la serie. Il problema però non riguarda tanto le intenzioni di un pugno di sceneggiatori e cineasti, ma va spostato su una più vasta scala di interesse sociale, quello dell’educazione alla fruizione del cinema, e più in generale della diffusione della cultura. Chi ha scritto la serie lo ha fatto a partire da codici culturali che ben conosce e che lo conducono ad attribuire un valore negativo, di insuccesso umano e morale a certe azioni. Di questi stessi codici culturali però una certa parte di
pubblico non dispone, quindi non è in grado di filtrare dalle immagini l’intento di rappresentazione pessimistica e critica che volevano comunicare gli autori, ma solo di coglierne, anche sul piano dell’emulazione dei comportamenti, il lato estetico, l’aspetto epico-eroico.

Frange di pubblico in cui è assai bassa la penetrazione dei valori statali e civici condivisi, in corrispondenza di zone ad alto tasso di depressione culturale e sociale, in cui lo Stato, dal canto suo, latita completamente nel fornire servizi e formazione di qualità, consegnando de facto i cittadini nelle mani della gestione malavitosa. Le criticità, dunque, non sono da cercarsi tanto nelle modalità con cui i personaggi di Gomorra sono
scritti e concepiti, quanto nella pervicace persistenza di un sottosistema culturale, quello camorrista, con tutta la sua solida mitologia, le sue icone e il suo sistema di dis-valori, che ancora rappresenta l’unico sistema culturale di riferimento possibile per vaste fasce di pubblico. Utilizzando come metro di valutazione proprio quei dis-valori e quell’immaginario e vedendoseli messi in scena dalla serie, questi spettatori, ne traggono una sorta di “conferma”, di glorificazione del proprio mondo di riferimento che assurge agli onori dello schermo, e il messaggio che ne traggono è positivo, di tipo celebrativo.

Un problema di rilevanza istituzionale, non drammaturgica, insomma, perché investe la capacità, se non anche la volontà, dello Stato di “prendersi maggiore cura” di intere fasce di popolazione attualmente abbandonate allo sfascio morale della sottocultura camorrista e mafiosa che riesce insinuarsi solamente là dove ci siano crepe lasciate vuote dalla cultura e dall’attenzione istituzionali. Ed è solo agendo a questo livello macroscopico, quello del recupero economico, sociale e culturale delle aree derelitte del nostro paese, che sarà possibile vincere quella “cultura”, quel sistema di valori devianti, che oggi giustifica una lettura celebrativa di una produzione come Gomorra, non mutando le attitudini e le intenzioni di sceneggiatori e cineasti.

D’altro canto questo elevato rischio di risignificazione e reinterpretazione delle icone cinematografiche da parte del pubblico riguarda un po’ tutto il cinema, specialmente quando mette in scena situazioni attuali di rilevanza critica per il sistema sociale o culturale, come violenza, psicopatologie, deviazioni e crimini di sorta, che, proprio perché “mostrati”, cioè dotati dal cinema di una evidenza e visibilità che altrimenti non avrebbero, sono sempre a rischio emulazione ben al di là d’ogni intento critico del regista e degli sceneggiatori. Dando credito a questo tipo di timori il cinema dovrebbe smettere di tentare di rappresentare qualunque tipo di aspetto critico della società o del comportamento umano, il che però contrasta con quella sua natura di “arte”, di momento di riflessione, e dunque di messa in
rappresentazione, proprio sugli aspetti meno pacificati e lineari del nostro contemporaneo. Non è semplice, forse impossibile, dire se sia meglio rinunciare a dire, a mettere in scena certe situazioni “a rischio”, per evitare di essere fraintesi o se invece sia preferibile dire certe cose pur rischiando il
fraintendimento delle intenzioni.

La produzione dal canto suo crede fermamente innanzitutto proprio nella forza delle idee che sostanziano il progetto Gomorra 5 e quindi nei contenuti ideali mediati dalla serie, come si deduce dalle dichiarazioni
di Nils Hartmann che ha detto: «confermo la quinta stagione, confermo che non facciamo serie che vanno avanti solo per il marchio, tant’è che Romanzo Criminale lo abbiamo finito dopo la seconda» per chiarire poco dopo che se Gomorra si fa è «perché c’è un progetto e ci sono delle idee editoriali molto forti che giustificano un’altra stagione». Dunque si sceglie di dire rischiando l’equivoco, a conti fatti.

Cast di Gomorra – Foto di: dragonworldteam – FonteCC BY-SA 2.0


A muovere le trame della nuova stagione è la rottura della fragile pace con la famiglia Levante, che sino ad allora aveva evitato una guerra che non tarderà ad esplodere rigettando le strade nell’onta della violenza e del sangue in questo contesto ritrovano conferma le presenze di Arturo Muselli, ovvero Enzo Sangue Blu e Azzurra Avitabile la bella moglie di Genny interpretata da Ivana Lotito. È invece definitiva la dipartita di Patrizia, che non era prevista in sceneggiatura, ma che è stata richiesta da Cristiana Dell’Anna, l’attrice che le presta il corpo, che al quotidiano Il Mattino ha dichiarato: «mi sono sposata e un po’ di cose sono cambiate nella mia vita privata. Così, ho maturato l’esigenza di una svolta anche in
campo professionale
». E così tra personaggi vecchi e nuovi, come il misterioso U maestrale che aiuta Genny al termine della scorsa stagione (ma che a questo punto dovrebbe essere il non morto Ciro), siamo pronti a ripartire da dove eravamo rimasti, con Genny Savastano latitante e riparato in un bunker sotterraneo grazie all’aiuto d’U Maestrale, che quindi ha lasciato il progetto dell’aeroporto nelle mani dell’ambiziosa (ma apparentemente affidabile) Tiziana Palumbo (non prima però di aver fatto fuori Patrizia, ormai troppo compromessa e diventata scomoda). Enzo Sangue Blu, persi praticamente tutti quelli della sua banda, e l’amatissima Maria, è in fuga braccato da Elia O’ Diplomato. I Levante hanno ricevuto lo sprezzante messaggio di disfida di Gennaro Savastano riportatogli dalla sorella minore, l’unica sopravvissuta all’agguato con cui gli ha ucciso i genitori: «Don Savastano è tornato», e si preparano per la madre di
tutte le guerre, quella che non farà prigionieri.

Insomma l’attesa è tanta, tante le aspettative e gli interrogativi ancora da risolvere, ma le premesse per un’altra stagione di grande spettacolo ci sono tutte, ma la “prova del nove” potrà darcela solo lo schermo, quindi in buon ordine e con pazienza toccherà aspettare ancora un po’…almeno sino al termine delle riprese.

Action Academy vi augura una buona visione!