Questa settimana abbiamo il piacere di ospitare la grandissima attrice Orsetta Borghero, che ha condiviso con noi esperienze e consigli riguardo al mestiere che lei definisce “meraviglioso e spietato”, un “oggetto prezioso” da trattare con “rispetto e dedizione”.
Ciao, Orsetta! Uno dei tuoi ultimi lavori è la fiction Non mi lasciare con Vittoria Puccini. Cosa ci racconti di questa esperienza?
È stata un’esperienza bellissima. Vittoria Puccini è una professionista enorme, un’attrice meravigliosa, estremamente seria e dedita al lavoro. Gli attori che c’erano sul set di Non mi lasciare erano tutti bravissimi. Io sono stata molto bene, anche perché il mio personaggio Samantha è nato e cresciuto in Veneto esattamente come me: ho avuto familiarità con la parlata e mi sono potuta permettere di scivolare nella cadenza che invece spesso agli attori si richiede di non avere. Sperimentare e scivolare nel gergo quotidiano in Non mi lasciare è stato vincente.
Sei amata dal pubblico anche per la naturalezza con cui reciti e per la simpatia che susciti in chi ti guarda. Com’è il rapporto con i tuoi fan?
Per scelta non ho social, perché ho sempre pensato che chi ti stima debba poter scegliere di seguirti. Quando si è troppo sui social gli altri un po’ ti “subiscono”; invece è bello che chi ti segue venga a cercarti a teatro o in qualche film e si informi di cosa tu stia facendo. Spesso vengo riconosciuta e mi fanno i complimenti. Non mi slancio verso gli altri ma mi fa molto piacere quando le persone mi dimostrano affetto. Per il resto ho imparato a “togliere”: noi attori italiani, anche forse per insicurezza, aggiungiamo cose e facciamo faccette, quando invece bisognerebbe togliere per arrivare alla pietra grezza. Lì c’è il segreto per cercare di essere più naturali, e naturalezza significa anche credibilità.
Quale percorso hai seguito per diventare attrice e arrivare al successo?
Ho sempre pensato che questo sia un mestiere come quello dell’orafo, per cui bisogna avere molta pazienza, saper aspettare. Ma prima di tutto bisogna studiare, avere riconoscenza verso chi ci dà una possibilità, mettersi sempre in ascolto e soprattutto “rubare”. L’attore è l’unica persona che può rubare senza essere messo in galera, dove rubare significa andare tra la gente, salire su un tram, visitare i centri commerciali, guardare gli altri, prendere le loro espressioni. Ho fatto sia un percorso “di strada” e sia studiato con maestri molto bravi; anche trasferendomi in Inghilterra. Bisogna continuare a studiare, anche con corsi di aggiornamento. Non mi sento mai in difetto quando mi iscrivo a seminari, workshop e masterclass, perché ogni regista, direttore casting o collega ti può insegnare qualcosa e ti può far vedere un personaggio da un altro punto di vista.
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Hai tantissime frecce al tuo arco: canti, balli il tip-tap, pratichi diversi sport. Quanto ti aiutano queste abilità nel tuo lavoro di attrice?
Tutto serve: leggere, scrivere, ascoltare, guardare, sapersi muovere. Quando studio un personaggio parto sempre dai piedi. Come cammina quel personaggio? Ovvio che se quel personaggio entra in una chiesa non avrà mai lo stesso passo rispetto a quando cammina o corre al parco o entra in un negozio a fare shopping. La danza ti insegna ad avere un diverso peso per ogni tipo di camminata, in base al personaggio che tu fai (se ha cinquanta anni in più o venti in meno di te). A prescindere da tutto studiare è bello. Le prime volte che leggevamo Dante o Leopardi non era sicuramente facile, però una volta che ci siamo addentrati nell’inferno dantesco abbiamo capito che probabilmente sarebbe stato il libro più bello che avremmo mai letto. Più frecce abbiamo al nostro arco più sono le possibilità e il divertimento che deriva dall’interpretare i ruoli che ci vengono proposti.
Nel corso della tua carriera hai ricevuto molti premi importanti. Cosa provi quando ricevi questi riconoscimenti?
È stato molto emozionante. Ma i premi devono soltanto essere un trampolino per spronarci a fare meglio. Il premio è sempre un punto di partenza, perché poi devi dimostrare di essere bravo e di averlo meritato. Inoltre il successo è il participio passato di succedere, per cui speriamo che sia sempre più lontano perché una volta che è arrivato è anche terminato. La cosa più bella del nostro mestiere è il viaggio, più che la meta.
Hai sempre recitato ovunque: Cinema, TV, spot, Teatro. Ci sono differenze nel tuo modo di affrontare questi diversi campi di gioco?
Non c’è differenza, un attore è un attore. Non ci sono lavori più piccoli e lavori più grossi; ci sono solo lavori, fatti bene o fatti male. Anche quando i ruoli sono piccoli possono essere dei piccoli gioielli. Pensiamo a Massimo Popolizio, che probabilmente ne La grande bellezza ha avuto solo una posa: eppure ricordiamo tutti il suo personaggio, il chirurgo plastico. Spesso ci sono dei camei meravigliosi che rimangono più impressi rispetto ai ruoli più importanti. La stessa cosa negli spot, che sono anzi più difficili perché sono dei film che in trenta secondi ti devono raccontare una storia e portare lo spettatore verso un prodotto, una situazione, una meta.
Sei stata diretta da tanti importanti registi, tra cui Giuseppe Tornatore. Hai qualche aneddoto?
Quando ho incontrato il maestro e premio Oscar Tornatore ho capito che oltre ad essere un grandissimo regista sarebbe sicuramente un grandissimo attore, perché il modo che ha di dirigere gli attori è di chi conosce perfettamente questo mestiere. E sarebbe anche un ottimo direttore d’orchestra: lo si vede per come riesce a dirigere tutto ciò che riguarda un suo set, dagli attori a tutti i reparti e fino alle musiche. Inoltre ha un modo di dirigere per il quale la musicalità della battuta è intonata alla battuta del tuo collega. Da lui ho imparato che l’attore si deve intonare alle battute.
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Fra i numerosi personaggi che hai interpretato, qual è quello in cui ti rispecchi di più?
Non ci sono personaggi ai quali mi senta più legata. Ogni personaggio ha una vita propria, è come chiedere se vuoi più bene alla mamma o al papà. Ogni personaggio ti dà tanto e ti lascia sicuramente un segno. Senza il personaggio precedente probabilmente non ci sarebbe il personaggio successivo e quello dopo ancora. Il personaggio va sempre difeso, anche quando è un personaggio negativo. Stanley Tucci, quando è stato candidato all’Oscar per Amabili resti, ha detto che era contento di non aver vinto perché il suo personaggio è un personaggio negativo, dicendo anche che non per questo può rinnegarlo.
Qual è invece il personaggio che sogni di interpretare un giorno?
Non c’è un personaggio in particolare che io desideri interpretare. Mi piace che la vita mi sorprenda, perché può succedere che dietro al personaggio che ti piacerebbe interpretare ti accorgi che forse non era così bello. Io sono una persona alla quale piacciono molto le sorprese, quindi sicuramente il personaggio che vorrò interpretare sarà sempre il prossimo, e ogni volta sarà ancora quello dopo.
Puoi anticiparci qualcosa dei tuoi prossimi progetti?
Debutto a teatro da protagonista con una commedia nera che verte al thriller psicologico: Il turista, per la regia e la scrittura di Bruno Fornasari. Debutteremo al Teatro Filodrammatici di Milano e mi piacerebbe molto che venissero a vederlo non solo giovani attori ma anche tanti giovani sceneggiatori e futuri registi, perché gli spettacoli di Bruno hanno molto a che vedere con la realtà cinematografica: sono dei film rappresentati su un palco. Secondo me questo è il segreto e il futuro del Teatro, che deve avvicinarsi al Cinema e alla realtà. La grandezza di Bruno è proprio quella di rendere tridimensionali i personaggi dentro la scatola teatrale, ma far sì che al tempo stesso potrebbero essere tranquillamente all’interno delle case degli spettatori.
Noi ringraziamo Orsetta e le facciamo un grosso in bocca al lupo, preparandoci con entusiasmo alle sue nuove avventure artistiche con le quali ci delizierà come sempre!