Da un po’ di tempo, causa la mia malattia compulsiva per il cinema contemporaneo, soprattutto nostrano, che mi induce alla ricerca di pellicole con giovani nuovi talenti che abbiano “qualcosa da dire”, la mia attenzione si è radicalmente focalizzata su un singolare giovane e per certi versi”vecchio“ attore che sta facendo rumorosamente ma “involontariamente” parlare di lui: Andrea Carpenzano.
Questo” spilungone” di quasi due metri,che di cose da dire sembra averne a bizzeffe,nonostante non ami troppo l’uso del verbo, spicca all’occhio oltre che per l’altezza e il suo eccentrico look, anche per il suo modo di essere così squilibratamente “fuori dagli schemi” e per la sua aria misteriosamente boheme ma al contempo timidamente tenebrosa.
Divenuto attore per “sbaglio” (come ama evidenziare lui) scoperto dal regista Francesco Bruni e reso celebre con il film “Tutto quello che vuoi” al quale sono poi seguite validissime e sorprendenti pellicole come: “il permesso”, “la terra dell’abbastanza” (sublime opera prima dei gemelli D’Innocenzo) e “il campione”,le ultime due da protagonista ,il “Carpetta”, nickname utilizzato da lui stesso su instagram, grazie alle sue magistrali interpretazioni si è accaparrato l’assegnazione di prestigiosi e rilevanti premi del mondo della critica cinematografica entrando di pieno diritto nella classifica delle migliori proposte emergenti di questi ultimi anni.
Un volto “etrusco“,come lo definisce il critico cinematografico Francesco Aló, veracemente romano aggiungerei io, dai tratti delicati ma particolari, quasi “clowneristici” che racconta con un solo sguardo profondo, dolcemente amaro e innocentemente malinconico, una dolente realtà giovanile,riportando inspiegabilmente in superficie la tanto offuscata bellezza di essere inadeguatamente se stessi e trascinando lo spettatore nel suo intricato e cervellotico “mondo.”
La naturalezza è sicuramente la sua arma più potente, mentre la sua coinvolgente forza risiede in una totale spontaneità e libertà di essere apparentemente frastornato e consapevolmente annoiato senza dover arrancare inutili giustificazioni, allontanandosi mille miglia dalla più soffocanti sovrastrutture e formalità predominanti nel settore dello spettacolo.
Nelle sue rare interviste (non ama essere esposto ai riflettori causa la sua riservatezza ) è possibile notare oltre ad una metropolitana saggezza ed una pungente e irriverente autoironia basata su una dissacrante autocommiserazione, (spesso arguto escomatoge per tirarsi fuori da situazioni imbarazzanti) anche il suo reale assenteismo verso una realtà che lo ha inaspettatamente travolto e della quale ancora oggi non si spiega la valida ragione.
Un “Miracolato” come si difinisce lui stesso su suggerimento della madre, che con il suo inconsapevole seppur istrionico e indiscusso talento, sta gradualmente riportando il pubblico alla riscoperta di un qualcosa che da troppo tempo mancava al nostro cinema.Ora per capire che cosa, ci vorrebbe un miracolo…o magari basterà soltanto vedere la sua prossima interpretazione.