Svelato il programma dei film che si succederanno sugli schermi del Lido, evitando i pronostici da bar totocalcio-tabacchi sotto casa, e volendo restar fuori da polemiche che poco hanno a che spartire col cinema “cinema”, è possibile trovare spazio per qualche riflessione sui film, che al di là (e dietro) di tutto restano l’anima vera del Festival.
Alcuni lamentano una certa mancanza di sorprese e arditezze rispetto a quelle che erano le soffiate non ufficiali che da un po’ circolavano tra gli addetti ai lavori, ma, onestamente, è difficile non riconoscere che, considerati certi nomi e certi titoli, la tanto invocata “qualità autoriale” delle opere selezionate sia comunque alta, a cominciare dai film italiani presentati in concorso, come fuori.
Addirittura tre i nomi in corsa per il Leone D’Oro, tutti di grande qualità autoriale, Maresco, Martone, e Pietro Marcello, e almeno due quelli blasonati fuori competizione, Salvatores con Tutto Il Mio Folle Amore e la Archibugi col suo nuovo film Vivere.
Difficile non notare come ad essere in competizione siano i nomi meno “mainstream” magari con l’eccezione di Martone, ma portatori di poetiche autoriali meno “addomesticate” al largo consumo. Fuori concorso, ma era prevedibile, anche Pianeta Mare, del veterano del documentario d’autore Andrea Segre, altra scelta qualitativamente di spessore, mentre in Orizzonti troviamo Sole, storia drammatica dell’”emergente” (in realtà ha all’attivo numerosi corti e molte presenze sui set come aiuto) Carlo Sironi e l’opera prima Nevia di Nunzia De Stefano (che sarebbe il caso di non apostrofare continuamente come “ex-moglie di Garrone”, essendo dotata di una identità personale e autoriale sua)
Si plaude da ogni parte e senza reticenze per l’accesso alla competizione principale del più resiliente e integro dei nostri registi, Franco Maresco, che dopo l’apoteosi di Belluscone Una Storia Siciliana, che per qualità e coraggio avrebbe certo meritato una ben più estesa distribuzione di sala, torna con un’opera impavida e grottesca La Mafia Non E’ Più Quella Di Una Volta, in cui la presenza di quel Ciccio Mira, ormai reso icona popolarissima e scult da Belluscone, è promessa di sghembe risate al vetriolo e accorate riflessioni sull’etica “de noartri”.
Anche l’ingresso in concorso di un regista “giovane”, secondo i peculiarissimi criteri anagrafici che si applicano ai registi, come Pietro Marcello, noto più al pubblico dei cinefili che non a quello di sala per opere evocative e sensibili come Bella E Perduta, La Bocca Del Lupo, lascia ben sperare col suo Martin Eden, anche per la presenza alla sceneggiatura dell’inseparabile Maurizio Braucci (Gomorra, Bella e Perduta, Anime Nere, La Paranza Dei Bambini, ecc.) e per la fisicità carismatica di Marinelli nel ruolo principale, che l’anno scorso, forte dell’eclatante prova di Lo Chiamavano Geeg Robot, aveva colto nel segno con la vibratile e ombrosa interpretazione in Ricordi?
Di Valerio Mieli. Affianco a due “marginali” come Maresco e Marcello appare ben bilanciata anche la scelta di inserire Martone, con Il Sindaco Del Rione Sanità, decisamente più mainstream dei due colleghi, ma da sempre capace di ritagliarsi una cifra autoriale tutta sua, un po’ al di qua e un po’ al di là della barricata, come dimostrano film del calibro di Il giovane Favoloso, Noi Ci Credevamo e quel Capri Revolution che a detta di molti, l’anno passato, era tra i papabili proprio qui al Lido. Un’occhio all’underground e uno al red carpet, insomma, che in fondo non guasta, ma sempre e comunque entro i confini di un cinema di elevatissima qualità stilistica ed etica, che guasta ancora meno. Buone visioni a tutti.